European Journal of Neuroscience

Su European Journal of Neuroscience i risultati raggiunti da neurobiologi della Sissa nell’ambito di una collaborazione con l’Istituto di medicina fisica e riabilitazione di Udine e dell’Azienda per i Servizi Sanitari ASS4 Medio Friuli.
La notizia viene ripresa da il FRIULI.it e da OGGISCIENZA

il FRIULI.it
Lesioni del midollo: Trieste e Udine fanno fronte comune

9.03.2010 Si propaga come un incendio, divampando dall’epicentro con effetti devastanti: invalidità pesanti, paralisi, paraplegia. La lesione al midollo spinale, già nelle primissime ore dopo il trauma, causa danni funzionali in porzioni del midollo distanti dalle zone inizialmente colpite, e innesca un processo che dura ore, giorni, settimane e amplifica il danno neurologico.

«Per limitare questo – spiega Andrea Nistri, neurobiologo della Sissa di Trieste – è necessario un intervento terapeutico tempestivo, appena la lesione si verifica, basato su discipline mediche diverse: rianimazione, anestesiologia, neurochirurgia, ortopedia. Ma per riuscirci è indispensabile conoscere la serie di eventi patologici che seguono alla lesione e ne amplificano l’effetto».
In quest’ottica, come racconta Nistri insieme a Giuliano Taccola e Miranda Mladinic sull’European Journal of Neuroscience, i risultati degli ultimi tre anni di esperimenti in laboratorio possono essere utili al fine di orientare la neuro-riabilitazione verso nuovi target. Sviluppare nuovi trattamenti farmacologici e neuroriabilitativi per persone con lesioni al midollo spinale è infatti la sfida dei ricercatori della Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati di Trieste che, nell’ambito del progetto SPINAL, lavorano fianco a fianco con i medici dell’Istituto di medicina fisica e riabilitazione di Udine e dell’Azienda per i Servizi Sanitari ASS4 MedioFriuli.

Dagli effetti macroscopici alle cause microscopiche. Taccola, Mladinic e Nistri hanno riprodotto in vitro l’ambiente cellulare del midollo dopo una lesione medio toracica.

In laboratorio, cioè, sono riusciti a mettere a punto un modello di lesione spinale ricreando condizioni molto vicine a quelle che si verificano in seguito a un trauma midollare nell’uomo, per esempio conseguente a incidente automobilistico. E hanno utilizzato tale modello in vitro per individuare i fattori che determinano la lesione, studiare cosa succede nei primissimi istanti dopo il trauma, comprendere l’entità del danno neurologico e la funzionalità dei circuiti spinali dedicati alla locomozione.

In particolare, i ricercatori hanno riscontrato che i circuiti locomotori spinali al di sotto della lesione, seppure apparentemente intatti, perdono la capacità di essere attivati da stimoli sensoriali ripetuti. Questo suggerisce che sia stata abolita la proprietà di integrare segnali sensoriali con il programma locomotorio, producendo di fatto una seria compromissione motoria: la paraplegia.

«Questo potrebbe spiegare perché sia spesso difficile stimolare con impulsi elettrici periferici il cammino nell’uomo con lesione spinale, anche qualora i segmenti del midollo spinale deputati a tale funzione siano stati risparmiati dal danno iniziale».

«Sorprendentemente – aggiunge Taccola – abbiamo riscontrato che la disfunzione dei circuiti locomotori non corrisponde a un’estesa morte cellulare, almeno a tempi relativamente brevi. E questo ci porta a sperare che ‘basterebbe’ riuscire a salvare tempestivamente un’esigua quantità di cellule spinali per arginare il deficit».

Attualmente, la moderna riabilitazione si basa sull’intensa e ripetuta stimolazione sensoriale degli arti inferiori: tramite stimolazione elettrica dei muscoli o allenando al cammino il soggetto posto in sospensione di carico su di un tapis roulant. Ma non risulta sempre vantaggiosa e applicabile in tutti i casi clinici. Inoltre, ancora non si è in grado di rigenerare il midollo lesionato, per questo i ricercatori auspicano di trovare un modo per sfruttare la plasticità delle reti neuronali e, attraverso un mix di farmaci, stimolazione elettrica e riabilitazione motoria, favorire un recupero parziale.
«Le lesioni del midollo spinale, specialmente di origine traumatica, sono purtroppo una patologia frequente con esiti gravi e persistenti in termine di paralisi e sintomi collaterali – conclude Nistri –. Un incidente stradale, un infortunio sul lavoro, una caduta accidentale durante l’attività sportiva possono ledere il midollo causando pesanti invalidità. Inoltre le lesioni spinali si riscontrano sempre più frequentemente nelle persone anziane, a seguito di fratture patologiche da osteoporosi o metastasi tumorali, o da complicanze di disturbi vascolari».

Studiare i momenti immediatamente successivi alla lesione è importante per capire effettivamente come il danno si propaga e come si possa intervenire per recuperare il deficit motorio.

SPINAL IN FRIULI VENEZIA GIULIA
Per compiere passi avanti nella terapia delle lesioni del sistema nervoso, si sta rilevando sempre più cruciale integrare ricerca pura e pratica clinica. Mettere a confronto le esperienze sviluppate nei laboratori di ricerca con le problematiche che emergono nella gestione quotidiana del paziente, in particolare nei trattamenti riabilitativi.

E proprio perché la ricerca pura possa aiutare la clinica nel migliorare i trattamenti, è diventato operativo, con il pieno sostegno della Regione Friuli Venezia Giulia, SPINAL (Spinal People Injury Neurorehabilitation Applied Laboratory), laboratorio che pone il Friuli Venezia Giulia all’avanguardia nello studio delle lesioni del midollo spinale integrando competenze di elettrofisiologia, di biologia cellulare e molecolare e di ricerca clinica.

Frutto della collaborazione tra la Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati di Trieste, l’Istituto di medicina fisica e riabilitazione di Udine e l’Associazione Tetra-Paraplegici della regione, SPINAL è il primo centro in Italia che propone un modello di collaborazione tra la ricerca di base e clinica nell’ambito del recupero di lesioni del midollo, un’esperienza che ha già dato importanti successi in Europa e Nord America.

OGGISCIENZA http://oggiscienza.wordpress.com/
Una lesione in vitro

16 marzo 2010
by Davide Ludovisi

Quando avviene una lesione alla spina dorsale purtroppo le conseguenze sono disastrose: invalidità, paralisi, paraplegia. Tuttavia la parte più seria del danno, la sua progressione e amplificazione, non avviene al momento dell’impatto, bensì nelle ore successive, proprio quando il soggetto è mantenuto sotto osservazione. È su questa fase che si sono concentrati gli sforzi del gruppo di ricerca “Spinal”, che coinvolge gli scienziati della Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (Sissa) di Trieste, e i medici dell’Istituto di medicina fisica e riabilitazione di Udine e dell’Azienda per i Servizi Sanitari ASS4 MedioFriuli.

L’obiettivo del progetto, i cui risultati dei primi tre anni sono stati appena pubblicati sulla rivista European Journal of Neuroscience, è quello di sviluppare nuovi trattamenti farmacologici e neuroriabilitativi per persone con lesioni al midollo spinale. Ma com’è possibile procedere con la ricerca sperimentale in soggetti che hanno subìto un danno così grave? I ricercatori sono riusciti a riprodurre in vitro l’ambiente cellulare del midollo dopo una lesione medio toracica, ricreando così condizioni molto simili a quelle che si verificano in seguito a un trauma midollare nell’uomo, a causa, per esempio di un incidente automoblistico. In questo modo in laboratorio possono studiare con calma ciò che succede nei primissimi istanti successivi al trauma, per comprendere meglio non solo l’entità del danno neurologico, ma anche la funzionalità dei circuiti spinali che governano la locomozione, e che sono compromessi. “È la cosa che mi affascina di più: studiare come si riorganizzino i circuiti locomotori dopo una lesione spinale”, commenta Giuliano Taccola, neurobiologo della Sissa, uno degli autori della pubblicazione. “Il nostro lavoro non andrà a beneficio solo di chi subirà un danno spinale in futuro, ma potrebbe aiutare già oggi chi vive con una lesione cronica”, continua. In Italia si stima che l’incidenza di lesioni midollari è di venti-venticinque nuovi casi per milione di abitanti all’anno, per un totale di circa sessanta-settantamila pazienti. La popolazione colpita è particolarmente giovane: l’ottanta percento ha un’età compresa tra i dieci e i quarant’anni.
Quello che tecnicamente si chiama danno secondario, cioè l’espansione e il propagarsi delle conseguenze del trauma, potrebbe rappresentare il momento adatto per cercare di arginare la perdita cellulare e quindi il conseguente deficit motorio. Finora, tuttavia, questa strategia non ha portato a risultati significativi, poiché non si conosce la dinamica esatta degli eventi, che cosa, in pratica, succede tra i fattori biologici e neurologici coinvolti.
La moderna riabilitazione si basa sull’intensa e ripetuta stimolazione sensoriale elettrica dei muscoli degli arti inferiori, o allenando al cammino il soggetto posto in sospensione di carico su di un tapis roulant; una riabilitazione che però non risulta essere sempre vantaggiosa e adatta a tutti i casi clinici. Non si è poi ancora in grado di rigenerare il midollo lesionato, e per questo i ricercatori auspicano di trovare un modo per sfruttare la plasticità delle reti neuronali e, attraverso un mix di farmaci, stimolazione elettrica e riabilitazione motoria, favorire un recupero parziale. La chiave sta proprio nel riuscire a intervenire con una terapia multifattoriale, ma i fenomeni degenerativi innescati sono così esplosivi che è difficile capire bene i meccanismi del danno. Per questo il modello in vitro sviluppato dai ricercatori è particolarmente utile, anche per la comprensione di altri eventi neurodegenerativi del sistema nervoso centrale. “Speriamo di utilizzare il nostro modello per verificare, anche nell’ambito delle lesioni spinali, l’efficacia di osservazioni riportate per altre patologie, come il morbo di Parkinson, l’Alzheimer, la sclerosi multipla, e la Sla”, precisa Taccola.

pubblicato sul n.32 El Cochecito aprile 2010

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