Che ci faccio io qui?

Due chiacchiere con Giuseppe D’Angelo, 25 anni.

Qual è il percorso che ti ha portato al Laboratorio Spinal?
Dopo la laurea in Biologia a Padova nel 2007 mi sono iscritto alla specialistica in Neuroscienze a Trieste. Un amico che stava facendo il tirocinio con la prof. Laura Ballerini mi ha informato di una opportunità presso il laboratorio Spinal.
In totale umiltà ho tentato, ho scritto un progetto che ho presentato alla SISSA e ho ottenuto la borsa della durata di 10 mesi per lavorare sul modello in vitro del midollo spinale. Nello specifico avrei studiato, con un approccio elettrofisiologico e farmacologico, il ruolo dell’istamina e quindi l’attivazione dei relativi recettori a livello spinale per verificare se questi potessero o meno modulare il circuito locomotorio, il CPG. Ho incominciato alla fine di maggio del 2010. E’ andato tutto molto bene. E’ ogni giorno un’esperienza formativa. E’ una opportunità importante poter lavorare in SISSA anche siamo una sede staccata.

Che cosa hai imparato in questi mesi?
Io venivo da una esperienza solo didattica, qui ho imparato a fare la preparazione del midollo spinale per l’esperimento, ho imparato l’uso della strumentazione per l’elettrofisiologia: stimolatori, amplificatori, convertitori, ho imparato l’importanza della statistica, ho avuto a che fare anche con l’elettronica. Insomma ho imparato a fare gli esperimenti, ho imparato che cosa cercare quando osservo al microscopio.

Com’è stato il primo impatto con il laboratorio?
La prima cosa che Giuliano mi ha chiesto è se apprezzo i Clash e la loro musica e il mio animo punk e rock ha risposto di sì. E’ stato amore a prima vista, ho deciso che era il mio ambiente.

Il laboratorio Spinal è un ambiente?
E’ un ambiente fatto di persone che discutono: oltre agli esperimenti noi dobbiamo confrontarci su quello che stiamo facendo, discutere dell’eventualità che il risultato di un esperimento possa avere un significato oppure un altro. Si deve discutere anche il piano di lavoro dopo un primo esperimento preliminare.

Ti sei fatto un’idea di quale sarà il tuo futuro?
Se mi voglio occupare di ricerca il percorso è obbligato: devo fare il dottorato, sono tre o quattro anni di studio ulteriore per esempio alla SISSA. Non mi posso nascondere che una esperienza all’estero mi attirerebbe molto. Sinceramente non lo so ancora come andrà ma credo che punterò su più cose per darmi la possibilità di scegliere. Vedremo, il 2012 è alle porte.

… e con Dario Olivieri, 26 anni.

Dario, come sei arrivato al Laboratorio Spinal?
Ho terminato il mio percorso universitario, ho studiato Neurobiologia all’Università di Pisa. Nell’ultimo periodo ho lavorato per il CNR e poi ho deciso di fare il dottorato. La prima domanda l’ho presenta alla SISSA ed è stata la mia prima “vittoria” essere stato ammesso. Poi sono stato contattato da Giuliano che mi ha chiesto se ero interessato al lavoro del Laboratorio Spinal.
Ho avuto alcune perplessità iniziali perché ho dovuto cambiare veramente tanto. Ho incominciato a gennaio e il mio lavoro è comprendere i meccanismi del CPG, come lavora la circuiteria del midollo spinale. Mi occupo della stimolazione elettrica mentre Giuseppe si è occupato della farmacologia, l’obiettivo comune comunque è cercare di capire che cosa avviene nel midollo spinale pre e post lesione. Sono esperimenti molto interessanti. Precedentemente avevo lavorato sul cervello mai sul midollo spinale, nella didattica si parla molto di cervello mentre il midollo spinale viene un po’ “snobbato”.

Quando sei arrivato sapevi già che cos’è il lavoro di ricerca?
Avevo un’esperienza fatta durante la laurea in specialistica e al CNR dove mi sono occupato del sistema visivo, in particolare dell’ambliopia.

Che cosa ti prefiggi con il tuo dottorato?
Mi aspetto di guadagnare un po’ di padronanza dell’ambiente, di riuscire a conoscere bene tutto quello che mi circonda, di lavorare ad un certo livello, di diventare autonomo per un eventuale progetto mio. Nella specialistica il progetto te lo danno, nel dottorato uno impara a pensare un progetto. La mia speranza è quella di arrivare alla fine dei 3 anni e mezzo e poter dire sono effettivamente autonomo nel pensare qualcosa di nuovo.

Come ti trovi nel nuovo ambiente?
Abbastanza bene, l’inizio è stato un po’ difficile perché è cambiato un po’ tutto. Io vengo da Brescia e Udine mi piace, me la ricorda: è una piccola città a misura d’uomo.

Come è stato il tuo primo impatto con il laboratorio?
Positivo. No, non mi ha chiesto se i piacciono i Clash, forse si capisce subito che sono un animo rock. E’ una bella situazione, siamo una bella squadra anche se siamo tutti a termine, speriamo di avere un ricambio.

Ho chiesto ad entrambi se il fatto di lavorare in un laboratorio che studia il midollo spinale e che si colloca all’interno dell’ospedale dove vengono curate e fanno la riabilitazione le persone con lesione al midollo spinale, abbia modificato il loro approccio al lavoro.

Dario: ti sprona a cercare di più, ti spinge a impegnarti. Anche se devo dire che chi intraprende un percorso di ricerca di solito prescinde dalle necessità, forse per questo siamo così impopolari nel mondo. Sembra brutto da dire ma per noi è come un gioco.
Un aspetto che ritengo molto importante e che viene del tutto trascurato è quello della comunicazione, si dovrebbe costantemente informare che ne potrebbe beneficiare di quanto si fa in laboratorio. L’Italia ha dei problemi grandissimi di divulgazione.

Giuseppe: in realtà non saprei come rispondere, dissocio molto lo studio dalle persone.

pubblicato sul n.38 El Cochecito aprile 2011

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