Che cosa si prova a camminare con l’esoscheletro

In primo piano

Il 13 giugno 2014 si è svolto presso l’Ospedale di Palmanova il Congresso: Innovazione tecnologica e locomozione umana. Gli esoscheletri strumentati, che ha visto la  collaborazione tra l’Azienda per i Servizi Sanitari  N.5 Bassa Friulana, il Laboratorio di Bioingegneria Industriale Università degli Studi di Udine e il C.I.S.M di Udine. L’evento è stato realizzato dal dott. Marsilio Saccavini e dal prof. Paolo B. Pascolo.

Types of steam-driven vehicles and flying machines. Colour process print after Robert Seymour, ca. 1830 (Wellcome Library no. 36878i)

Sulla locandina viene spiegato l’obiettivo del convegno:
Biologia, ingegneria civile e industriale, pratica clinica e qualità della vita appartengono a settori apparentemente scollegati, ma che pongono al centro della riflessione un aspetto comune, che si formalizza attraverso un approccio olistico. Ci si riferisce a ricerche che pur al di fuori del mondo sanitario, offrono l’opportunità di conoscere e avvalersi di nuovi materiali o di nuove tecnologie come quelli derivati dall’industria aerospaziale, dall’industria chimica, da quella del design, dalla domotica. Va colto il vantaggio di ottimizzare queste conoscenze ai fini della diminuzione del disagio nei soggetti diversamente abili, essendo obbiettivo comune il miglioramento della qualità della loro vita. Questo convegno vuole esaminare un aspetto peculiare di questo mondo di opportunità concentrandoci sulla fruizione degli spazi nei soggetti che vivono un disagio motorio. Questa tematica porta a individuare uno specifico lavoro di tipo riabilitativo atto a migliorare la performance della persona,che consente di identificare ausili costruiti attorno al soggetto secondo la propria singolarità, intervenire in termini di logistica ambientale, esplorare le possibilità offerte dalle nuove tecnologie con il fine di realizzare dispositivi di nuova generazione,come interfacce neurali, robotica con esoscheletri, altre opportunità di sviluppo ambientale. Per ultimo va ricordato che il nostro territorio necessita di dispositivi “speciali” ai fini della fruizione dello stesso, gli spazi sono complessi o tecnicamente difficili da affrontare: sono i luoghi storici di cui l’Italia è costituita.

Gli esoscheletri sono apparecchi cibernetici esterni progettati per proteggere o assistere chi li indossa. I ricercatori di Ekso Bionics non sono quelli che li hanno inventati: i primi prototipi sono stati sviluppati negli anni Sessanta dall’esercito americano in collaborazione con la General Electric per proteggere i soldati e per permettere loro di sollevare e trasportare grandi pesi senza fatica, anche camminando o correndo (una cosa tipo Ironman). Lo studio sugli esoscheletri è proseguito in Giappone e negli Stati Uniti, per usi militari, sempre con funzioni di protezione e assistenza nel trasporto dell’equipaggiamento, e per usi civili, per assistere le persone con menomazioni fisiche o disabilità e per supplire con strutture robotiche alle disfunzioni neurologiche e muscolari.

Nel pomeriggio c’è stata una dimostrazione pratica del cammino con l’esoscheletro grazie alla disponibilità di due volontari, paraplegici, cui, alla fine della prova, ho chiesto di raccontarmi sensazioni ed emozioni.

Valter Mahnic, il dott. Marsilio Saccavini e gli addestratori

Alla fine della camminata Valter Mahnic ha detto “Stanco ma appagato, soddisfatto”.

Che sensazioni si prova ad indossare tutto quel gabbione? E’ pesante? Non ci si sente ingombrati, legati?
No, all’inizio perchè sei confuso e distratto da tante sensazioni e poi devi stare attento al baricentro, allo sforzo che devi fare… ho provato le stesse sensazioni che ti da il Lokomat: l’imbragatura ti fa sentire sicuro, legato in modo giusto, ti da fiducia.

Che effetto fa guardare il mondo dall’alto?
Tu vuoi che ti dica che c’è una grande differenza. Per me sono due punti di vista, nessuno è quello giusto, dipende da come uno si sente bene, per me sono buoni entrambi.

Valter in piedi inizia la prova del cammino con esoscheletro

Comunque la postura eretta come ti ha fatto sentire?
Bene, il corpo la riconosce come “va bene”.

Ti è sembrato uno strumento utile per l’allenamento?
Sì, assolutamente sì soprattutto se usato presto dopo l’evento lesivo, se seguito bene e con un supporto psicologico.

Supporto psicologico? Perchè?
Perchè la sensazione di in piedi/seduto seduto/in piedi, per chi non è capace di gestire le emozioni, può fare male. Quando finisce l’esercizio torni giù e quindi una persona forse più fragile deve essere accompagnata, aiutata.

Ma vedi! Io avevo pensato che tornare a guardare il mondo dalla propria naturale altezza aiutasse a riacquistare equilibrio, psicologico, intendo.
Ad alcuni può fare benissimo, ma per quelli non mi preoccupo.  E’ importante che non faccia più male che bene.

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Hai potuto percepire il passo che l’esoscheletro ti fa compiere?
Verso la fine dell’esercizio, quando ho preso confidenza con la macchina, ho sentito che stavo facendo il passo.
Eppoi io ho qualche percezione residua quindi sento il peso, per esempio. Secondo me comunque è più facile sentire tutte le sensazioni che provengono dal corpo quando hai imparato ad usare molto bene la macchina.

Hai trovato ingombrante il deambulatore?
No, da lassù ti appare piccolino. Ti aiuta a calibrare bene il passo.
Lo trovo un ottimo strumento, non so quanto migliore del Lokomat, le sensazioni sono molto simili, inoltre sul Lokomat non ti devi neppure preoccupare del fatto che devi fare attenzione al fatto che ti stai muovendo nello spazio, ti puoi concentrare di più sull’esercizio. Sono sensazioni, forse dovrei prendere confidenza con l’esoscheletro per poter fare raffronti più puntuali.

Però con il Lokomat stai lì, fermo…
Secondo me lo scopo riabilitativo non è di muoverti nello spazio ma di entrare nel movimento, dentro di te: che tu ti sposti o stia fermo è indifferente, l’importanza è fare bene il movimento, a questo andrebbe indirizzato chi lo usa.

A me sembra che la possibilità di spostarsi, di camminare sia un incentivo al suo utilizzo.
Io ho una forza di visualizzazione molto forte e sul Lokomat c’è anche lo schermo che simula lo spostamento nello spazio. Per me è facilissimo, posso benissimo immaginarmi in piedi e sentire le sensazioni  ai piedi senza alzarmi, è un lavoro di visualizzazione. Per me c’è poca differenza. Meno uno riesce a visualizzare più differenza può fare.

La camminata di Cristiano Picco

Poi abbiamo assistito alla camminata di Cristiano Picco. Anche a lui ho rivolto le stesse domande.

Che sensazioni si prova ad indossare l’esoscheletro? E’ pesante? Non ci si sente impacciati, legati?
Di sicuro ti senti legato, senti che ti sorregge.  E’ come essere sospesi, come se ci fosse una  impalcatura che sostiene il corpo. Devo dire che è una sensazione un po’ fastidiosa,  mi ricorda il cammino in sospensione.

Che effetto fa vedere il mondo dall’alto, dai tuoi 180 cm?
Anche per me come per Valter non è la prima volta che provo a stare in piedi: ho fatto la F.E.S. (Stimolazione Elettrica Funzionale) e ho adoperato per un po’ lo standing… Devo dire che il cambiamento di prospettiva mi ha dato una sensazione straniante: mi sembrava di avere i piedi molto lontani, piccoli, mi sentivo un gigante. Lo spazio intorno mi è parso più grande, la stanza più ampia.
Ho provato una grande sensazione di piacere, quasi di ebbrezza.
E’ da dicembre che non mi alzo in piedi, a caso ho lo standing ma lo uso poco.

Guardare gli altri negli occhi è un pochino diverso, vero?
Sì Rita! E’ inusuale, me ne ero quasi dimenticato ma è proprio bello vedere uno in faccia senza che si debba chinare. Guardare le persone negli occhi è bello. Quando sono seduto non ci penso è però vero che siamo sempre in una posizione scomoda quando entriamo in relazione con gli altri.

Dopo l’esperimento ritieni che l’esoscheletro possa essere uno strumento utile per l’allenamento, la riabilitazione?
Devo premettere che non sono stato molto fortunato: mi hanno fatto fare una prova di durata limitata perché ho una lieve flessione ad una gamba e una spasticità importante. La macchina faceva fatica a farmi compiere il passo, quindi non posso darti una buona risposta. Penso comunque, per quanto  riguarda l’allenamento, che il lavoro viene svolto tutto dalla macchina a differenza della F.E.S. dove sei tu che  con le tue gambe e i tuoi muscoli fai il passo. La F.E.S. mette in movimento i nostri muscoli. Quando la facevo con regolarità avevo le gambe toniche: gli elettrodi posizionati in punti precisi della gamba fanno contrarre i muscoli deputati al cammino. Mi pare che siano due cose molto diverse: la F.E.S. stimola il muscolo con una corrente a bassa intensità e lo fa contrarre, l’esoscheletro ti fa compiere un movimento passivo. Però sarebbe bellissimo averlo a disposizione, soprattutto in piccoli spazi, anche se hanno detto che per i costi e la gestione assistita deve essere uno strumento da usare in una struttura.

Stai immaginando una possibile futuro con l’esoscheletro, ti fa sognare?
I costi sono impossibili, abbiamo tempo davanti e forse avremo la possibilità di utilizzare questa macchina anche in ambienti domestici, chissà… I promotori dell’esoscheletro puntano ad un suo utilizzo ospedaliero.
E’ stata una bellissima esperienza, mi sento fortunato di aver avuto la possibilità di provarlo.
Mi fa specie che sia stato inventato per scopi bellici quando invece guarda che meraviglie può far sperimentare ad una persona paralizzata.

(La sera sono andata a vedere Edge of Tomorrow e tutti i soldati indossavano l’esoscheletro!!!)

Un futuro ricercatore di particelle al Laboratorio Spinal

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Gruppo Spinal luglio 2014: Giuliano Taccola, Matteo Bisiani, Vladimir Rancic. Dietro: Jonathan Damblon, Giulia Bernardon, Nejada Dingu, Francesco Dose

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Matteo Bisiani,17 anni. Ha finito la quarta classe del liceo Vendramini di Pordenone. Ha fatto uno stage presso il Laboratorio Spinal. Lo stage di Matteo è una prosecuzione dell’esperienza di ricerca che due studentesse dello stesso istituto, Erica Zammattio e Lara Colussi, hanno fatto per 5 settimane nel Laboratorio di ricerca SPINAL, nell’estate del 2012 (vedi intervista a Zammattio dell’11 settembre 2013).

Sei qui perché hai una particolare propensione per le materie scientifiche?
Sì, mi sono sempre piaciute le scienze, fin dalle elementari

Chi ha coltivato in te questo interesse? Come è accaduto… raccontami una storia.
Mio padre è medico e io ho sempre sfogliato i suoi libri di anatomia o di chimica… capendoci poco, mi affascinavano le immagini. Però fin da piccolo mi regalava piccoli libri di divulgazione scientifica per i bambini.

La scuola ti ha aiutato ad approfondire la tua naturale curiosità verso la scienza?
Direi che in particolare alle medie inferiori e poi super bene al liceo. Sono particolarmente preso dalla fisica, e dalla matematica. Penso che all’università farò fisica.

E vai bene in queste materie?
Si, direi di sì.

Come sei arrivato al Laboratorio Spinal?
La proposta dello stage è arrivata dalla scuola come ogni anno alla fine della quarta. A seconda che tu faccia anatomia o ecologia il professore ti indica una serie di opportunità dove poter fare lo stage.
Ho scelto il laboratorio Spinal perchè avendo sentito chi ci era già stato negli scorsi anni mi era sembrato interessante e in effetti ho avuto la fortuna di essere stato mandato qui: è interessante.
Lo stage dura due settimane.

Di che cosa ti sei occupato?
Con il dott.Taccola abbiamo scelto come argomento, che sarà quello della tesina che porterò all’esame di quinta, l’effetto di un neuropeptide sulla conduzione dell’impulso nervoso nel nervo periferico. Abbiamo utilizzato un campione del nervo sciatico di ratto per valutare se questo peptide favorisce o inibisce la conduzione dell’impulso nervoso.

Come si è svolto il lavoro?
In laboratorio le prime operazioni sono consistite nell’imparare ad isolare in vitro il nervo sciatico da ratto. E’ uno dei principali nervi periferici della gamba che origina dalla colonna vertebrale lombare per poi dividersi, all’altezza del ginocchio, in tre rami principali: surale, tibiale e peroneale comune. Gli ultimi due sono nervi misti, veicolano cioè sia informazioni motorie verso i muscoli sia i segnali sensoriali e dolorifici dalla periferia. Per la sua ottima accessibilità chirurgica (dopo aver inciso la cute si trova a poca profondità spostando gentilmente due fasci muscolari della coscia) è ampiamente utilizzato in ricerca sperimentale per studiare il riparo e la rigenerazione dei nervi periferici. L’argomento è al centro di una collaborazione tra il dott.Taccola ed il laboratorio belga dove lavora il dott. Deumens e proprio nei giorni del mio tirocinio, uno studente era venuto dal Belgio per partecipare al progetto scientifico congiunto. Ho avuto la possibilità unica di imparare la tecnica anche seguito dallo studente visitatore dal Belgio, è stata un’esperienza internazionale che mi ha permesso anche di praticare il mio inglese. Con il dott. Taccola e Giulia Bernardon, al set-up di elettrofisiologia abbiamo osservato, con stimolazione elettrica, la risposta del nervo senza l’uso del neuropeptide. Poi abbiamo ripetuto l’osservazione dopo somministrazione della sostanza e stimolazione elettrica registrando la risposta.
Quando abbiamo finito la raccolta dati e dopo laboriosa analisi al PC, che ho condotto con software matematici e statistici, abbiamo messo a confronto la conduzione dell’impulso nella fase di controllo con quella con somministrazione del neuropepetide. Il risultato è che, a determinate alte frequenze, favorisce la conduzione dell’impulso.
Se questo dato preliminare verrà confermato da successivi esperimenti in programma nel laboratorio per i prossimi mesi, potrebbe essere la prima osservazione della modulazione farmacologica del nervo periferico da parte del neuropeptide in esame.

Matteo Bisiani

Che cosa farai da grande?
Vorrei studiare fisica, fisica sperimentale. Vorrei andare a lavorare dove c’è un acceleratore di particelle.

Come ti è sembrato il lavoro nel laboratorio Spinal?
E’ un lavoro duro. Anche se non sarà il mio ambito di studio futuro mi ha però dato modo di capire che cos’è il lavoro di ricerca, perché alla fine, anche se cambia l’oggetto della ricerca, si tratta comunque di stare molto tempo davanti al computer ad analizzare i dati. E’ un lavoro impegnativo.
Bisogna avere passione, motivazione. Certo, il modo in cui ti accolgono in laboratorio attenua decisamente la difficoltà: tutti, ricercatori, dottorandi o laureandi, mi hanno aiutato e si sono resi disponibili ad ogni richiesta con simpatia, contagiandomi con la loro determinazione e positività.

Sei uno che legge?
Sì, abbastanza. Mi faccio anche consigliare da mio padre. Sto leggendo “Se questo è un uomo” di Primo Levi e avevo appena finito “Il signore degli anelli” questo ti dice come procedo, un po’ a zig zag. Ma poi leggo anche libri di fisica come “Sempre più veloci”, “La fisica di Star trek”, per uno che segue la saga di Star Trek è divertente e interessante, spiega perché è impossibile o possibile il teletrasporto, i viaggi alla velocità della luce…

Ti sei comperato la maglietta di Star Trek?
No, in realtà ho la maglietta di Star Wars, saga che preferisco a quella di Star Trek.

Il lavoro che hai svolto sarà oggetto di una relazione?
Sì, dovrò esporre il lavoro fatto in una tesina che verrà poi illustrata all’esame di maturità.

Credevo che avresti raccontato la tua esperienza alla classe…
No, non è previsto però l’insegnante ci ha chiesto di fare un articolo da pubblicare sul blog della scuola.

Grazie Matteo.