I progress SISSA di Francesco, Nejada e Fiamma

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GIULIANO TACCOLA: I progress sono l’annuale appuntamento di verifica  dello stato di avanzamento del progetto di dottorato (il dottorato in SISSA dura quattro anni). La forma è quella di una presentazione scientifica in cui viene descritto l’obiettivo che ciascuno si é posto, la metodologia che ha utilizzato, i risultati raccolti. Il dottorando procede quindi con una argomentazione dei risultati ottenuti e delle conclusioni dello studio che indicano anche come proseguirà il proprio lavoro: le prospettive future.

Il progress é una tappa fondamentale perché ti richiede di fare il punto sul lavoro che hai svolto e di porti domande su come il tuo lavoro potrebbe proseguire. Nello stesso tempo è un momento di valutazione da parte del collegio docenti che possono rendersi conto dell’andamento del progetto di tesi che sono molto diverse tra loro riguardando tutto l’intero ambito della neurobiologia.

Per il laboratorio SISSA di Udine erano presenti Francesco Dose, Nejada Dingu e Fiamma Romagnoli, rispettivamente del terzo, secondo e primo anno di dottorato in Neurobiologia. Hanno presentato i report della loro attività dell’anno. Francesco ha aggiornato lo stato di avanzamento del suo progetto sulla stimolazione del midollo spinale con le onde rumorose. Nejada ha presentato il suo lavoro sulla mobilitazione, sul training degli arti e la facilitazione della funzionalità dei circuiti spinali. Fiamma ha presentato un progetto che riguarda una particolare nuova tecnologia per riparare i nervi periferici che hanno subito lesione.

Com’è andata? Si è visto l’avanzamento dei lavori? Si è potuto valutare lo stato di salute dello spinal lab?
Il lab di Udine nel contesto della SISSA ha per i progetti presentati una vocazione più vicina alla medicina sperimentale in termini applicativi. Questo è la caratteristica di Spinal. E’ stata inoltre l’occasione di far conoscere ai colleghi quello che stiamo facendo, visto che le occasioni di scambio non sono poi molte ed è un momento in cui si ricevono molti buoni consigli.

Da chi è composto il pubblico che assiste ai progress?
Ovviamente gli studenti della SISSA, ricercatori, assegnisti e poi quasi tutti i docenti del PhD di Neurobiologia

E tutti possono intervenire con domande osservazioni…?
Chiunque può intervenire o fare domande, in genere queste vengono dalla commissione dei docenti. La presentazione del dottorando dura 15 minuti e poi c’è la discussione che dovrebbe durare 5 minuti ma di solito si prolunga anche per più di 10 minuti. C’è modo per interloquire. Il tutto viene condotto in lingua inglese.

Per i ragazzi sono momenti di grande tensione perché il progress ha tutte le caratteristiche di una vera valutazione che ti regala anche momenti di soddisfazione perché vedi che il tuo lavoro si inserisce al meglio all’interno di quanto fanno gli altri lab in SISSA e c’è soddisfazione, ti da la misura dell’appartenenza ad una comunità più ampia

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Può essere un’occasione di importante stimolo, di suggestioni per proseguire nel proprio lavoro?
Sì, sicuro, è vero. Nei casi più fortunati un progetto di tesi avanza e prosegue con le pubblicazioni. Essendo però  un progetto quadriennale sono queste le occasioni per mettere  insieme tutto quello che hai fatto e ricondurlo allo stesso argomento

Francesco ha all’attivo quattro pubblicazioni, Nejada ne ha una e un’altra in preparazione. Poi sarà molto importante quello che riusciranno a fare nella tesi finale. Per loro il progress è soprattutto un’occasione per avvicinarsi ai momenti di discussione scientifica come ne avranno in futuro presentando i loro dati a meetings e seminari internazionali.

 

INTERVISTA A NEJADA DINGUE E A FRANCESCO DOSE

Come si vive l’arrivo, l’incombere di un progress?
F. Con tanta tensione
N. E tanto lavoro e studio

Mi chiedo: vi sembra utile questa valutazione durante il percorso per il dottorato? 
F. Sì, ti aiuta a verificare a che punto sei nel tuo progetto, ti aiuta a raddrizzare il tiro, per così dire, se nel progress emergono “deviazioni” dal filone principale del lavoro

Ti consente di avere uno sguardo d’insieme su quello che hai fatto fino a quel punto…
N. Ricevi uno sguardo esterno, al termine della presentazione c’è un momento di discussione e ti sono poste domande, si riflette meglio sui dati raccolti, su che cosa si potrebbe fare ulteriormente, che cosa  non va e che cosa va bene e quindi l’indicazione a proseguire in quella direzione.

Quindi non è solo un momento di valutazione ma anche di confronto e aiuto.
F. E’ soprattutto un confronto, non è tanto importante la valutazione ma quello che esce dalla discussione, dalle osservazioni.

Il progress appena sostenuto vi ha aiutato in qualche misura a modificare l’impostazione del vostro lavoro o via ha confermato nella positività del percorso che state facendo?
N. A me sono venuti suggerimenti di nuovi esperimenti che si potrebbero fare che io non avevo indicato nelle prospettive future del lavoro.
Il resto è andato bene: ho presentato i miei risultati, avevo nuovi dati da mostrare tra cui le registrazioni a livello cellulare. L’anno scorso avevo presentato dati che suggerivano delle indicazioni a livello di network, come funzionano i circuiti. Quest’anno ho integrato e approfondito da un punto di vista cellulare quindi oltre al network anche singole cellule, in particolare il motoneurone

F. Io dovrò affrontare una fase di studio più elaborato in vista della tesi, si tratterà di imparare a presentare in maniera più approfondita e forse più brillante l’importante lavoro di questi anni.

Come vengono accolte le vostre presentazioni in SISSA data la particolarità dell’argomento?
F. N. siamo gli unici che lavorano all’interno di un ospedale e questo è l’aspetto che desta maggior attenzione: che siamo a contatto con i clinici.

In conclusione
N. E’ un momento molto utile, lavori tutto l’anno al tuo progetto e serve un momento di discussione in cui hai un punto di vista esterno che considera in maniera oggettiva i tuoi risultati, vedono quello che tu non riesci perché sei immersa nel tuo lavoro. I nostri percorsi sembrano essere nella giusta direzione.

Quanto avete dormito il giorno dopo il progress?
[Si ride]

Una nuova strategia contro le lesioni spinali

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Francesco Dose

Francesco Dose, dottorando SISSA, primo autore dello studio

 

Giuliano Taccola, ricercatore SISSA e coordinatore dello studio

Una tecnica multi-sito e a bassa frequenza per stimolare i neuroni

15 luglio 2015

Pazienti, medici e ricercatori guardano con grande speranza all’elettrostimolazione epidurale, una metodologia medica che potrebbe alleviare la condizione delle persone affette da paralisi da lesione spinale. La tecnica è ancora relativamente rudimentale, ma grazie alla ricerca è in continuo miglioramento. Un gruppo di scienziati (anche della SISSA), che ha pubblicato una ricerca sulla rivista di riferimento in questo settore, Spinal Cord (del gruppo Nature), propone un nuovo approccio metodologico, basato sulla distribuzione della stimolazione e la modulazione della frequenza degli impulsi elettrici, che ha dato buoni risultati nei test in vitro. L’elettrostimolazione epidurale è una metodologia medica che già da qualche anno viene utilizzata per aiutare i pazienti colpiti da paralisi a seguito di una lesione spinale. Consiste nell’impianto di elettrodi in prossimità delle radici dei nervi dorsali (che portano il segnale “sensoriale” in entrata) del midollo spinale al di sotto del livello del trauma e nell’applicazione di stimoli elettrici di varia intensità e frequenza. Questa tecnica, che produce o facilita la produzione di pattern di attivazione nei nervi motori (ventrali, in uscita) ha mostrato risultati promettenti e gli scienziati sperano che un giorno possa aiutare le persone paralizzate per esempio a stare in piedi in equilibrio e muovere qualche passo, oltre che a ripristinare il controllo degli sfinteri e la funzione sessuale. C’é ancora molta strada prima di raggiungere questo scopo, e per questo la comunità scientifica sta moltiplicando gli sforzi per migliorare questa metodologia. “Finora la maggior parte della ricerca si è concentrata sui materiali e sulla tecnologia dei dispositivi. Il nostro lavoro invece si focalizza sulla natura e la qualità del segnale elettrico che viene erogato dagli elettrodi”, spiega Giuliano Taccola, ricercatore della Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (SISSA) di Trieste che ha coordinato lo studio. “La domanda che tutti si pongono è la stessa: come fare per ottenere risposte locomotorie efficaci? Crediamo che in questo senso sia importante modulare meglio il segnale elettrico e individuare precisamente in quali punti debba venire applicato”. “Le tecniche attuali consistono nell’applicare un segnale ad alta frequenza in maniera generalizzata. In questo modo si ottiene una stimolazione ‘cumulativa’ e piuttosto indifferenziata di un gruppo di fibre nervose. Noi abbiamo invece adottato un approccio “multi-sito”: la stimolazione elettrica viene applicata in diversi punti del circuito”, spiega lo scienziato. In questo studio Giuliano Taccola e colleghi hanno lavorato con dei circuiti neuronali spinali preparati in vitro. Questo ha permesso di controllare in maniera molto fine i siti di stimolazione, oltre che registrare le risposte del network con grande precisione. “L’altra novità introdotta nel nostro studio è l’uso di stimolazione a bassa frequenza”. La combinazione di questi due fattori (frequenza del segnale e siti multipli) ha prodotto pattern di risposta locomotoria molto efficienti. “Con questo lavoro abbiamo definito una nuova strategia di stimolazione del midollo spinale per l’attivazione dei neuroni motori che potrebbe essere importata anche in molti degli attuali elettrostimolatori utilizzati in clinica”. Il primo autore dello studio, svolto in collaborazione con il laboratorio SPINAL presso l’Istituto di Medicina Fisica e Riabilitazione (IMFR) dell’Ospedale Gervasutta di Udine (dove sono stati raccolti i dati sperimentali) e della Università Cattolica di Lovanio in Belgio, è Francesco Dose, un giovane dottorando della SISSA.

LINK UTILI: • Link all’articolo originale su Spinal Cord: http://goo.gl/DUr1Wg

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Crediti: SISSA Contatti: Ufficio stampa: pressoffice@sissa.it Tel: (+39) 040 3787644 | (+39) 366-¡©-3677586 via Bonomea, 265 34136 Trieste

Pubblicato un articolo del primo lavoro di  Nejada Dingu

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“Electrical stimulation able to trigger locomotor spinal circuits also induces dorsal horn activity”

La stimolazione elettrica capace di attivare i circuiti locomotori spinali puo anche evocare l’attività delle corna dorsali

E’ il primo articolo di Nejada, frutto di una collaborazione internazionale, accolto dalla rivista della società medica internazionale di neuromodulazione. I nostri studi di elettrostimolazione su preparati di base saranno letti da persone che impiantano dispositivi chirurgicamente ogni giorno.

Nejada Dingu Ronald Deumens Giuliano Taccola

Nejada Dingu Ronald Deumens Giuliano Taccola

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E’ un articolo a tre firme, il primo è quello di Nejada Dingu, di Giuliano Taccola, e quello di Ronald Deumens che ha seguito la fase di analisi dei dati. Il lavoro si incentra sugli effetti sul midollo dorsale di una ripetuta stimolazione elettrica: normalmente stimoliamo la radice dorsale per valutare la risposta locomotoria nell’area ventrale, in questo caso abbiamo utilizzato una stimolazione dorsale, con treni di stimolazione tradizionale, in grado di attivare la locomozione fittizia e Nejada ha registrato anche da una radice dorsale.

Eravamo interessati a vedere come rispondeva il midollo dorsale alla prolungata stimolazione elettrica ripetuta per circa 45 minuti

Il risultato?

Quello che abbiamo visto è che una stimolazione elettrica prolungata in grado di evocare l’attività del network locomotorio genera anche un aumento di eccitabilità a livello del network dorsale, questo potrebbe tradursi in un cambiamento di come gli stimoli dolorifici raggiungono il midollo spinale.

Nel senso che il dolore diminuisce o aumenta?

La stimolazione produce un aumento dell’attività dei network dorsali. L’aumentata eccitabilità potrebbe corrispondere sia ad un aumento che a una diminuzione del dolore. Lavorando con il midollo spinale isolato non abbiamo una misurazione della soglia dolorifica.

Che importanza ha o può avere questa osservazione?
Per esempio che anche una stimolazione epidurale sperimentale per il recupero della postura eretta dovrebbe tenere conto di queste valutazioni perché, avendo dimostrato che c’è una alterazione dell’integrazione degli impulsi a livello dorsale, sarebbe necessario capire se ne consegue una variazione della percezione sensoriale e dolorifica 

Nello stesso tempo è necessario ripensare i protocolli di stimolazione per evocare l’attivazione del cpg in modo che l’effetto non coinvolga anche i network dorsali.

Poiché abbiamo mandato questo articolo alla  rivista  ufficiale della società internazionale di Neuromodulazione ci siamo confrontati con esperti che hanno una lettura prettamente clinica.

Copertina di un numero di Neuromodulation

Copertina di un numero di Neuromodulation

La domanda che probabilmente si sono fatti sarà stata: come potrebbe diventare utile questa informazione a un medico anestesista e che impianta di routine simili dispositivi?

Le nostre pubblicazioni quest’anno si sono rivolte soprattutto a società ed un pubblico prevalentemente medici: è il risultato di un percorso che è nato dal momento in cui mi sono trovato all’interno di una struttura ospedaliera e mi sono chiesto come la ricerca di base possa essere di supporto, di interesse per l’ambiente clinico.  E’ un processo molto complesso perché la possibilità di tradurre i risultati della ricerca di base in un ambito clinico presuppone una struttura complessa in termini di persone, una massa critica adeguata e competenze diverse.

Abbiamo trovato un pubblico clinico, rappresentato dalle riviste di società mediche, che invece si sono mostrate molto interessate ai nostri contributi facendo anche osservazioni e interpretazioni che a noi sfuggivano.

Con questa pubblicazione restituiamo a Nejada la piena soddisfazione di tutto il lavoro svolto in questi ultimi due anni, lo sforzo profuso presenta qualcosa anche per il suo futuro a dimostrazione di quanto ha fatto.

NEJADA DINGU

Era parte del lavoro già iniziato durante la tesi, di cui abbiamo esteso l’analisi e che quindi ha preso un suo peso autonomo.

Veder pubblicato un articolo sul tuo primo lavoro, a distanza, che effetto fa?
Un bel effetto, mi fa piacere che sia stato pubblicato perché vedo concretizzato un lavoro.

Un lavoro importante? Di che cosa stiamo parlando?
Sono stati i primi esperimenti che ho fatto qui a Spinal, prima di iniziare il progetto con BIKE e il  movimento passivo. Stavo facendo esperimenti in cui utilizzavo solo la stimolazione elettrica per attivare il CPG locomotorio e in quella occasione abbiamo deciso di osservare gli effetti della stimolazione elettrica a livello dorsale.

A chi è venuta l’idea di controllare gli effetti a livello dorsale?
E’ stato Giuliano, non so bene come sia iniziato il progetto. Quando sono arrivata qui si parlava appunto di valutare anche il compartimento dorsale e io mi ci sono dedicata.

Quando avete deciso di pubblicare i dati raccolti?
La cosa era nell’aria da un po’. Avevamo questi risultati e volevamo cercare di pubblicarli perché non andassero persi. Sono i risultati di una osservazione che nessun altro ha fatto.

Qual è stata l’importanza della collaborazione con Ronald Deumens per la produzione di questo articolo?
Ci ha aiutato ad interpretare i dati perché la parte somatosensoriale e dolorifica sono il suo ambito specifico di ricerca.

E’ una soddisfazione e una spinta ad andare avanti.