Neuroscience 2013 San Diego, California, 9-13 novembre,

In primo piano

Convention Center, San Diego

Giuliano Taccola racconta il suo Neuroscience 2013.
Il centro congressi sembra un’immensa astronave: è composto da una serie di moduli che si ripetono e permettono di dimensionare l’ampiezza delle sale a seconda della necessità.
La sessione poster è sterminata, l’esposizione cambia due volte al giorno: dopo quattro ore tutti i poster vengono sostituiti e questo avviene per tutti i 5 giorni di congresso.
Ai piani superiori sono situate le sale per i simposi, congressi, seminari della durata di due, tre ore con singoli contributi orali di 20 minuti.
Ciascuno si muove seguendo il proprio programma personale (esiste un planner nel quale sono indicati tutti i contributi) e quindi c’è un costante fluire di persone, uno spostamento generale da un incontro all’altro.
Gli iscritti sono quasi 31 mila.

Logo Neuroscience 2013

Ho visto molti poster dedicati al midollo spinale e il logo del Neuroscience di quest’anno è la stilizzazione di sezioni orizzontali di midollo spinale. Questo mi ha fatto pensare che ci sarebbe stata una particolare attenzione all’argomento, i precedenti loghi di questi incontri annuali si erano caratterizzati per il richiamo alla sinapsi o al cervello.

Affrontare un poster non è semplice, richiede anche più attenzione che assistere ad una presentazione orale: è un tipo di comunicazione più fugace, anche se ti da la possibilità di interagire personalmente con l’autore e di andare oltre l’oggetto presentato. Si sta davanti a un poster quattro-cinque minuti per poi passare al successivo: è come sottoporsi ad un bombardamento di informazioni, lungo tutta la giornata. Si rischia continuamente di perdere qualcosa ma l’importante (e in questo sta il significato della sessione poster) è che questo tipo di sovra comunicazione ti lasci un messaggio da portare a casa, alcune informazioni principali che puoi approfondire o che contribuiscono a farti assumere una certo atteggiamento verso determinate linee di studio.

Esposizione poster

Per esempio il nostro poster, che riportava uno studio sostenuto dalla Fondazione VERTICAL, è stato particolarmente apprezzato per la metodologia nuova, inusuale, cioè stimolare il midollo del ratto con segnali campionati in clinica da soggetti durante la locomozione reale. Uno dei messaggi principali del nostro poster si inseriva all’interno dell’importante argomento che aleggiava tra tutte le comunicazioni dedicate al midollo spinale (o quanto meno è la sensazione che ho ricavato): la stimolazione elettrica sottosoglia.

E’ una novità questa?
Sì, nell’ambito motorio è una nuova impostazione.

Che cosa intendiamo con stimolazione sottosoglia?

Stimolazioni elettriche fatte a una bassissima ampiezza

… e per soglia?
Un valore assegnato sperimentalmente, nel nostro caso equivale alla minima quantità di corrente in grado di evocare una risposta riflessa, percepibile con strumenti di elettrofisiologia.

A quale causa attribuisci l’innalzamento di attenzione sull’argomento?
Credo che gli studi condotti su modelli animali in vitro abbiano determinato questo orientamento. E’, ancora una volta, la dimostrazione dell’importanza che ha l’approccio sperimentale in vitro su modelli semplificati che, in quanto tali, permettono di analizzare e seguire meccanismi di base. In un sistema più complesso, come un animale in vivo o addirittura una persona, tali meccanismi di base potrebbero essere oscurati o nascosti dai tanti eventi che si possono sovrapporre. Quindi il modello in vitro è un ottimo modello a livello cellulare o a livello di rete, come nel nostro caso. Noi utilizziamo una porzione di sistema nervoso centrale in cui sono presenti molte cellule nervose: è un buon modello per vedere che anche una stimolazione che apparentemente non produce una risposta comportamentale o rilevabile dall’arto di un organismo in vivo e completo, evoca però una risposta cellulare.

Ci sono state presentazioni nuove, interessanti?
Nel corso di uno dei simposi sul midollo spinale è stato presentato un contributo veramente interessante, anche se si tratta di dati preliminari. Lo studio ha previsto il primo innesto di un elettrodo epidurale, per la stimolazione elettrica del midollo dorsale, a livello dei segmenti cervicali.
E’ l’unico caso finora studiato: un soggetto che prima della stimolazione non era in grado di esercitare la prensione, con l’applicazione di stimolazione tramite elettrodo epidurale a livello cervicale, è stato in grado di esercitare una prensione volontaria, valutata anche in termini di manualità fine e di avere la percezione del movimento che stava compiendo.

Sembrerebbe che (questo è un azzardo che posso permettermi perchè è una osservazione condivisa anche da altri) la stimolazione elettrica epidurale del m.s. si concilierebbe forse ancora meglio con un recupero funzionale degli arti superiori rispetto a quello degli arti inferiori. Infatti nel momento in cui si cerca di attivare il CPG per la locomozione bisogna inevitabilmente fare i conti con la necessità di riattivare il CPG per la postura, la stazione eretta, il recupero dell’equilibrio quando sbilanciato: non basta infatti muovere in maniera alternata gli arti ma bisogna fare sì che la persona li possa utilizzare in situazione verticale con continuo sbilanciamento e perdita dell’equilibrio ad ogni passo. Negli arti inferiori si è riusciti ad ottenere alcune contrazioni volontarie ma i movimenti erano di semplice flessione dell’arto e non potevano far pensare alla complessità del passo (movimenti comunque non funzionali perchè il soggetto era sempre posto supino sul lettino).
Nel caso del midollo cervicale si potrebbe sperare di recuperare la prensione e la manualità senza che debbano essere mantenuti, con la stessa porzione di m.s., l’equilibrio e la postura: il soggetto tiene la braccia appoggiate al tavolo e quindi non è vincolato ad altre necessità.

Qual’è il livello del laboratorio Spinal confrontato con altri laboratori? Si ha spesso l’idea di essere alla periferia del mondo e che le cose vere accadano da qualche altra parte.
Sarebbe così se non ci fosse da parte nostra la responsabilità di presentarci regolarmente a riunioni come questa. Il congresso è un momento di notevole fatica, di estremo impegno e lavoro e però è l’appuntamento che ci riconnette alla comunità scientifica. Se non ci fossero queste occasioni effettivamente avremmo difficoltà non solo a farci conoscere ma soprattutto non avremmo il polso della situazione, non conosceremmo le novità. Ad un congresso non si apprende solo quello che potresti apprendere un mese dopo, anche meglio, leggendo un articolo scientifico comodamente sulla tua scrivania. Partecipare ti fa capire in quale direzione si sta andando.

Vladimir Rancic, Giuseppe Dell’Angelo, Giuliano Taccola, Francesco Dose a San Diego

La relazione del nostro laboratorio è stata sicuramente apprezzata. Ci siamo ritagliati, dal 2011 ad oggi, una nostra nicchia particolare di ricerca: quella della stimolazione con le onde rumorose (Flistim). Questo viene apprezzato. Le persone che vengono a vedere il nostro poster hanno già una conoscenza dei nostri lavori precedenti e quindi Spinal-lab viene sempre più spesso associato a questo particolare ambito di studio.

Quindi per fare una sintesi si può dire che avete constato come Spinal sia un piccolo grande laboratorio
Si, soprattutto nella misura in cui riusciamo a restare in contatto con una comunità scientifica sovranazionale e con un bacino di collaborazioni che ci permetta di fare cose che altrimenti non potremmo fare.

Al Neuroscience abbiamo incontrato tanti giovani bravi ricercatori italiani che lavorano un po’ in tutto il mondo.
Per loro è bello incontrarci, molti ricercatori italiani che sono dovuti andare all’estero, mantengono un rapporto, un’empatia con il nostro paese e sono contenti di vedere che ci sono situazioni che permettono a un poster italiano di presentarsi con piena dignità accanto agli altri. Alcuni vedono il nostro laboratorio come una possibilità di tornare a fare Ricerca in Italia. I contributi italiani eccellenti non mancavano.

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